Monte Circeo

Una piccola montagna tra mare e cielo


Monte Circeo, 28 marzo 2015. Pigrizia! La pigrizia non è solo quella fisica, che ti avvince a letto o ti trascina sul divano quando invece potresti andartene a passeggio. La pigrizia è anche quella che ti fa rinunciare a vette più impegnative perché non ti va di armare uno zaino complicato – con ramponi, piccozza, ciaspole e quant'altro – o perché non te la senti di barcamenarti (sorta di rissa fra marinai) con gli inesorabili affondamenti di una neve primaverile. E in quest’ultima giornata di ora solare, la pigrizia mi porta allora verso il mare, per una semplice giornata – non ti spiaggia, per carità – sul breve sentiero che se ne sale ripido e rapido verso il Monte Circeo, nell’omonimo e antico parco nazionale. Ma ancora la pigrizia mi induce a non pianificare adeguatamente la gitarella: un'occhiata distratta alla carta (tze, tze e ancora tze…: che sono questi due passi per un grandissimo appenninista!) e mi avvio tosto giù per la Pontina, inseguito dalla solita strana sensazione di quando vado su pei monti guidando verso sud. Torre Paola emerge fra le brume, io armeggio col gps e mi si appropinqua controsole un figuro che mi appella per nome. Chi sei? Che vuoi? No! Nientepopodimenoche il Luca Rotondi del Club2000m – con cui, debbo confessarlo, mi ingarellai virtualmente alcuni anni fa – e papà Giacomo. La pigrizia ha acchiappato anche loro e così la passeggiata solitaria si tramuta in una ciarliera gita su per un bosco scivoloso che dal marittimo livello di Torre Paola comincia a innalzarci su scivolose e traballanti rocce. Racconti di altre montagne, di amici comuni, di altri sentieri e finalmente la cresta emerge dalle fronde, con la vista che plana sulla lunga lingua sabbiosa di Sabaudia e sul suo omonimo lago. Nella quiete del mattino giunge a noi solo il sentore salmastro, addolcito dal ritmico rumore della risacca. Iniziamo a destreggiarci fra le facili roccette del crinale, mentre dietro le prime propaggini dei Monti Lepini sorgono innevate le lontane vette degli Ernici e sul mare, trasfigurare nella foschia, le isole di Palmarola, Ponza e Zannone. Macchie di lecci, arbusti di ginepro, cespugli di rosmarino, le prime timide fioriture, un po' di chiacchiere e siamo ai panoramici 418 metri del Picco d'Istria, da dove le precipiti pareti del mitico monte si aprono alla nostra vista. Una rapida discesa alla sella che rilega le due cime ci porta sul bordo del Precipizio (esattamente così nominato sull'IGM) da dove ci affacciamo per scorgere in basso lo stesso abisso turchese che è sopra di noi. Sotto lo sguardo attento di Giacomo, proseguiamo in serpeggiante salita fra macchie arbusti rocce; ecco l’arroccato edificio sommitale, dove il profumo della croce di vetta (come dice Luca), ci distrae dalla deviazione che ci servirebbe per proseguire poi il cammino. E infine i 541 metri del Monte Circeo: sorta di isola che si protende verso il mare, elevandosi dalla pianura Pontina. Affiorano le parole di William Wordsworth: “Due voci possenti ha il mondo: la voce del mare e la voce della montagna”; su questa vetta le udiamo entrambe! Il tempo di un panino e colti da frenesia conquistatoria iniziamo a cercare una qualche via di discesa direttamente dalla cima. Caliamo a destra, caliamo a sinistra, arrampichiamo, scivoliamo, ci intrufoliamo, ma a ben vedere, appunto, non si vede dove mai si potrebbe passare. Mi ricordo di avere un gps, con tanto di cartografia, che benevolo ci mostra dov’è il sentiero che stiamo inutilmente cercando. Scendiamo, lo troviamo, ma ecco di nuovo la pigrizia: sarà l’aria di mare. Rimandiamo l’anello a un altro tempo, ad altri compagni e imbocchiamo oziosi quello di fronte, che fra scivolate e mezzi capitomboli aggrappati agli alberi ci riporta alla macchina che sono appena passate le 11. Saluto Giacomo e Luca, inaspettati e piacevoli compagni di cammino. C'è tempo per un paio di scatti alle lineari architetture sabaudiesi e poi via dalla famiglia e lì… altro che pigrizia!